lunedì , 16 Settembre 2024
Horacio Erpen intervista

CS – Intervista ad Horacio Erpen: “Sassuolo la scelta più bella della vita, il Ricci la nostra Bombonera”

Horacio Erpen è uno di quei giocatori che in campo lascia il segno. Con la 10 sulle spalle, il fantasista argentino ha incantato le tifoserie di tutta Italia, da Nord a Sud, dalla Juve Stabia alla Triestina, passando per l’Arezzo e per il Sassuolo, dove ha giocato nel triennio 2006-2009 conquistando la prima promozione in Serie B con Max Allegri in panchina. Oltre 400 presenze tra Serie B, Serie C e Serie D, più numerose altre apparizioni tra i dilettanti, dove ancora milita a 40 anni: con il Forza e Coraggio di Portovenere è appena stato promosso in Eccellenza. Ma Erpen guarda avanti: ha già conseguito il patentino Uefa B ed ha aperto una scuola di tecnica individuale a Massa, in Toscana: è da qui, dal presente, che è iniziata la nostra chiacchierata.

“Sono cresciuto in Sudamerica come giocatore anche grazie ai dettami di mio padre: ho avuto la fortuna di avere un padre calciatore professionista che, fin da quando ero piccolo, ha cercato di darmi insegnamenti più specifici. Spesso, negli allenamenti di gruppo questa cura dei dettagli manca e ho deciso di intraprendere questa strada: mi sto divertendo un sacco con ragazzi più o meno grandi, professionisti o dilettanti, con i quali voglio creare un legame. E’ importante tanto lavorare sul lato tecnico dei ragazzi quanto sulla loro sicurezza e sulla consapevolezza”. E sul patentino Uefa B, che gli permetterebbe di allenare fino alla Serie D, non si nasconde: “Ho avuto una piccola esperienza in D quando ho smesso di giocare, ho lavorato con Marius Stankevicius e abbiamo fatto un bell’anno, seppur molto tosto. Non nascondo che mi piacerebbe tornarci, sono legato a questo sport e potrei iniziare un percorso da allenatore: adesso però voglio continuare questo progetto iniziato un anno e mezzo fa, sto imparando tantissimo da tutti i ragazzi”.

Erpen è arrivato in Italia nel 2004 dall’Uruguay: a pescarlo è stato il Venezia, che allora militava in Serie B. “Giocavo in Serie A uruguaiana: il Venezia affidò il progetto tecnico ad un allenatore uruguaiano, Julio Ribas, che aveva avuto esperienze in club importanti in patria come il Penarol. Ribas portò in Italia diversi giocatori dall’Uruguay e chiese informazioni anche su di me: avevo 22/23 anni e per me era un sogno andare in Italia, anche se il primo anno è stato molto difficile. C’erano italiani, brasiliani, argentini, cileni, uruguaiani: un mix che non ha portato fortuna nei risultati (il Venezia è retrocesso quell’anno, ndr) ma che mi è servito come esperienza, il mio l’avevo fatto. Magari una salvezza avrebbe svoltato il mio percorso al Venezia: invece sono ripartito dalla Triestina e poi il Sassuolo”.

Già, il Sassuolo. Una società appena promossa dalla C2 alla C1, sconosciuta al mondo del calcio seppur con una lunga storia alle spalle, essendo stata fondata nel 1920. Sposare la causa neroverde lasciando una piazza importante come quella di Trieste? El Diez ci spiega come sono andate le cose: “Ero in vacanza in Argentina quando mi chiamò il mio procuratore dicendomi «Guarda che c’è una bella realtà che è stata promossa dalla C2 alla C1, lì è come una famiglia. E’ l’ambiente adatto per te, per tua moglie e per la bimba». Sul momento il mio agente non mi aveva convinto: avevo un altro anno di contratto con la Triestina. Ma hai presente quando dici a te stesso «Perché no? Mettiamoci in gioco»? E’ stata la scelta più bella della mia vita. Ho detto a mia moglie che siamo cascati in un ambiente e in una città dove dovevamo stare. Il primo anno è stato spettacolare, anche se non abbiamo vinto il campionato con Remondina. All’arrivo di Allegri il gruppo era già molto coeso, la società sapeva che avevamo la Serie B ad un passo: la promozione è arrivata, e con essa la Supercoppa di C contro la Salernitana”.

Intervista Horacio Erpen
Giorgio Squinzi in Piazza Piccola durante la festa per la promozione in Serie B (foto: sassuolocalcio.it)

Erpen è arrivato a Sassuolo negli anni del boom nel professionismo, contribuendo al raggiungimento e al consolidamento del club emiliano in Serie B. E quando gli chiediamo se si sarebbe aspettato di ritrovare il Sassuolo così avanti, Horacio non ha dubbi: “Al mio primo anno con Remondina, la promozione in B sfumò ai playoff contro il Monza: nonostante avessimo vinto l’andata per 1-0, psicologicamente non eravamo al top dopo aver mancato la promozione diretta a beneficio del Grosseto. Il Dottor Squinzi arrivò da noi e ci disse: «L’anno prossimo voglio vincere. Voglio andare in Serie A». Era il primo anno di C1 con possibilità di andare in B, ma lui pensava solo alla Serie A. E’ stata una consapevolezza immediata: lui puntava in alto ed ero sicuro che avrebbe avuto ragione, c’è gente competente e lungimirante che lavora in questo club. Quando andai via e li ritrovai da avversari, ad esempio alla Juve Stabia, loro stavano investendo nel settore giovanile e lottavano al vertice. Erano avanti anni luce e questo ha fatto la differenza”.

Tre anni per tre allenatori: Remondina, Allegri e Mandorlini: “Remo l’ho ritrovato alla Carrarese: con Gian Marco ho un rapporto speciale. Vi racconto questo aneddoto: quando un argentino arriva in Italia, cos’è la prima cosa che fa? Mangia la carne. Arrivai al ritiro in sovrappeso di tre chili e Remondina mi diceva «Horacio, devi perdere questi chili». Ha dato serenità e tranquillità al gruppo, è una persona in gamba dentro e fuori dal campo. Allegri? E’ stata un’annata da sogno sia per lui che per noi, la sua idea di semplicità e spensieratezza è stata vincente. Max ci ha dato quella carica in più per finire il lavoro lasciato in sospeso da Remondina: poi è andato a Cagliari ed ha iniziato la carriera che tutti conosciamo. Per ultimo è arrivato Mandorlini: il suo approccio non è stato dei migliori, ma aveva un carattere particolare, era molto legato agli argentini. Con tutti e tre ho dei grandi rapporti, mi sento ancora oggi con loro: per un giocatore come me, avere un buon legame con i mister è stato fondamentale”.

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Uno dei tratti distintivi di Erpen sono i suoi scarpini neri: “Pensate che quando giocavo in Messico avevo solo le scarpe bianche! Andavo a periodi: solo nere o solo bianche. Per me lo scarpino nero è da sempre la scarpa del calciatore: una volta vedevi solo scarpe nere, tutte pulite. Ancora oggi in Promozione ho le scarpe nere: tanti miei compagni mi chiedevano dritte su come tenere le scarpe così nere”.

Con la maglia del Sassuolo, quella che ha vestito più volte, Erpen si è fermato a 99 presenze: le stesse di Biondini, Locatelli, Terranova e Paolo Bianco. “Ero convinto di aver superato quota 100, contando anche i playoff! Sarebbe stato un onore arrivarci. Ho passato tre anni emozionanti, dove abbiamo rischiato di fare addirittura i playoff di Serie B: ci è mancata l’esperienza nella gestione di alcune partite. Non sono uno che sta dietro alle statistiche, ma è un peccato che per una presenza non ho raggiunto quel traguardo. Come valuto l’ultima stagione del Sassuolo? Considerando la partenza di De Zerbi, che aveva dato una forte identità alla squadra, credo sia stato un campionato molto importante. Ci sono stati momenti altissimi, dove ha fatto vedere un gran calcio; ha valorizzato molti giovani, che è la cosa più importante e che molte squadre non riescono a fare. Dionisi ha dato continuità a quello che il Sassuolo sta creando: nella Nazionale italiana e nelle giovanili si vedono sempre più prodotti del Sassuolo. Molti ragazzi dopo un anno di livello possono perdersi: chi ha giocato sa di cosa parlo. Ci dev’essere consapevolezza del momento e il Sassuolo sta provando a darla da anni, a lavorare in generale sui valori”.

Intervista Horacio Erpen
Foto d’archivio del Sassuolo, stagione 2006/2007. Erpen è il terzo in ginocchio, in foto anche Magnanelli tra Pensalfini e Piccioni (foto: Sassuolo Calcio)

Horacio Erpen, come la totalità di giocatori arrivati a Sassuolo dall’estate 2005 ad oggi, ha condiviso lo spogliatoio con Francesco Magnanelli che, come tutti sappiamo, ha appena detto addio al calcio giocato. “Si intravedeva già il suo carisma, anche se era giovane. Quando arrivai il primo anno, non era ancora titolare inamovibile: avrebbe iniziato dalla stagione successiva. Ha avuto un periodo in cui è stato fuori per infortunio ma aveva già un ruolo nello spogliatoio. Era un ragazzo che dava tutto, partendo dagli allenamenti settimanali: non mollava mai. Vi racconto un altro aneddoto: a Sassuolo ho giocato anche con Gaetano Masucci, che ora è al Pisa, non lontano da dove abito. Suo figlio ogni tanto viene a fare lavoro individuale da me e talvolta è venuto anche Tano, finiti gli allenamenti, per scambiare due parole. Prima delle ultime partite ci chiedevamo «Franci continuerà o non continuerà?». Speravamo entrambi di sì, invece ha deciso di smettere: gli ho scritto per ringraziarlo di ciò che ha fatto per la società, dell’identità e dell’umiltà che ha trasmesso. E’ stato un esempio per tutti, una figura che rappresenta il Sassuolo”.

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Uno degli aspetti che Erpen ha vissuto appieno e che ora è andato quasi perso è la vicinanza quotidiana tra la città e il gruppo squadra: “Mi ricordo che al primo anno in C1 giocammo per tutto il girone d’andata al Giglio, dove perdemmo forse una sola partita, a causa dei lavori di adeguamento alla categoria in corso al Ricci. Giocammo benissimo ma lo stadio a Reggio era troppo grande, noi avevamo sui 1000/1500 tifosi: era difficile da questo punto di vista. Poi siamo tornati al Ricci, la piccola Bombonera, come lo chiamavamo noi: l’apporto della gente è stato importante per la scalata, così come vedersi quotidianamente. Se fosse stato possibile avere un ambiente del genere anche in Serie A, sicuramente la società avrebbe valutato questa ipotesi e l’avrebbe messa in pratica, ma così non è stato, nonostante ci fosse il sentore di altri salti di categoria. Già dal primo anno di Serie B ci siamo trasferiti al Braglia di Modena e molti giocatori sono andati ad abitare lì, oppure a Formigine: io invece abitavo proprio dietro allo stadio. E’ da lì che si è iniziato a vedere un po’ di allontanamento: tante volte chi lavorava non riusciva ad andare allo stadio con facilità. La gente non era contenta di questo spostamento ma, per normative della Lega, non si poteva più giocare al Ricci: chiudemmo il campionato con una media di 3/4mila spettatori a partita. Mi ricordo però che per Sassuolo-Livorno 1-0 nel 2013 il Braglia era pieno, e ho conosciuto tanta gente di Modena che tifava Sassuolo”.

“L’ambiente di Sassuolo è molto tranquillo per un giocatore: dopo la partita vinta in casa contro il Manfredonia, decisiva per salire in Serie B, andammo in centro a festeggiare. C’era gente che non sapeva che avessimo vinto il campionato, per farti capire quanto fosse piccola la nostra realtà. Adesso però dico che è uno spettacolo vedere una partita al Mapei Stadium, mentre non ho ancora avuto la fortuna di visitare il nuovo centro sportivo. Eravamo una piccola realtà che stava crescendo, in molti non ci conoscevano, mentre il Sassuolo adesso è da nove anni in Serie A: sono due situazioni diverse. Al di là della categoria, è bello vedere una partita del Sassuolo perché è una squadra con un’identità e con tanti singoli di qualità: a chi piace il calcio, sono queste le cose che restano impresse, soprattutto ai giovani”.

Intervista Horacio Erpen
Horacio Erpen festeggia con la squadra e i tifosi la promozione in Serie B (foto: Gazzetta di Modena)

In chiusura, Horacio Erpen saluta i suoi ex tifosi: “Intanto vi ringrazio per avermi fatto ricordare questi bei momenti del mio vissuto a Sassuolo. Ad agosto faccio 41 anni, 18 dei quali vissuti in Italia: praticamente sono maggiorenne anche qua! A Sassuolo ho vissuto anni indimenticabili, ancora oggi ho ricordi spettacolari come la nascita delle due gemelline dopo la vittoria del campionato: ho un legame anche affettivo e familiare al di là di quello sportivo. Ancora oggi sento la vicinanza della gente e voglio ringraziarli: ho lasciato io qualcosa a loro ma anche viceversa. Vi seguo sempre con tanto affetto”.

Ringraziamo Horacio per la disponibilità e la cordialità dimostrate nel corso dell’intervista.

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Riguardo Gabriele Boscagli

Deluso dalle big fin dalla giovanissima età, si è affezionato al Sassuolo e non lo ha più lasciato. In redazione è il pilastro del settore giovanile.

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