Che Sassuolo-Torino non sarebbe stata una gara facile lo sapevano tutti. Lo sapevano i tifosi e i giocatori, gli addetti ai lavori e le statistiche. Il Toro è sempre riuscito a mettere i bastoni fra le ruote dei neroverdi e stavolta, con la cura Juric che comincia a fare effetto, ha regalato ai ragazzi di Dionisi una randellata che si ricorderanno tutti per un bel pezzo.
Nulla c’entra la sfortuna, nulla c’entra il fatto che si sia giocato di venerdì 17. Cosa c’entra, allora? A parte la prestazione maiuscola del Torino, che avrebbe potuto vincerla con almeno tre gol di scarto se non avesse trovato sulla sua strada i pali, Consigli, Maxime Lopez e Ferrari…
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C’entra l’essersi montati la testa a Roma. Lì non c’era stato risultato ma una prestazione che faceva ben sperare. Contro il Toro sono venute meno entrambe. C’entra la stanchezza, forse, di una formazione che scende in campo ormai sempre uguale. C’entra un attacco fortissimo sulla carta ma incapace di pungere, per qualche strana ragione. C’entra l’essere scesi in campo con sufficienza, e l’aver sbagliato più di quanto è ammissibile sbagliare.
Andare in difficoltà, nel calcio, è normale. Se diamo un’occhiata in casa d’altri ce ne accorgeremo (si pensi solo a quanto sta succedendo alla Juve). È ancora la quarta giornata e di tempo per recuperare ce ne sarà. Quello di ieri sera, però, può essere considerato a tutti gli effetti un primo campanello d’allarme in una stagione in cui, parole di capitan Ferrari, non dovranno mai venir meno le ambizioni.