Giornalista, ma con un passato da giocatore. Tommaso Turci la realtà di Sassuolo la conosce bene, avendola vissuta quotidianamente per buona parte della sua adolescenza: l’ha raccontata per noi, partendo dagli albori, dalla Saliceta dove è stato notato dal compianto Gianni Soli, allora responsabile del settore giovanile neroverde.
“Dovevo andare a Sassuolo a gennaio 2005, ma giocavo nella Polisportiva Saliceta San Giuliano che era una società affiliata al Modena. Io volevo passare subito al Sassuolo, ma non potevo perché nei successivi cinque mesi il Modena aveva l’opportunità di prendermi e di sfilarmi al Sassuolo. Il Modena alla fine non mi prese: mi scelse il Sassuolo, ma ricordo quanto stetti male quando mi dissero che dovevo rimanere alla Saliceta, dovevamo prima risolvere tutti i vincoli da società polisportiva a società professionistica. Quella sera, mio padre mi regalò un phon dicendomi: ‘Questo ti servirà sia se resterai alla Saliceta, sia se andrai al Sassuolo: mi raccomando, asciugati i capelli altrimenti ti ammali’. Finii la stagione alla Saliceta: il primo a chiamarmi fu Gianni Soli, mi rassicurò dicendomi che se non mi avessero preso quell’anno, mi avrebbero preso l’anno successivo. Alla fine andai quell’estate. Gianni Soli fu anche lo stesso che mi disse che non sarei stato confermato in Primavera: erano arrivati tanti giocatori dalla Juve e dall’Inter ed erano state fatte altre scelte. Mi avrebbero dato in prestito, in Serie D o in Eccellenza. A Gianni Soli ho legato uno dei ricordi più belli e uno dei più amari: potete immaginare quanto sia appagante per un ragazzo come me andare a giocare in una società professionistica ma, allo stesso tempo, quanto possa dispiacere quando ti viene detto di andar via. Era un po’ come abbandonare il treno. Sarei potuto rimanere un altro anno a Sassuolo ma, piuttosto che tenermi in panchina per dare la precedenza ad altri, la società ha preferito girarmi nei Dilettanti e magari valutare in futuro”.

Turci: “A Sassuolo mi sono tolto molte soddisfazioni”
È di pochi giorni fa l’intervista che Davide Frattesi ha rilasciato proprio a Tommaso Turci, nell’ambito del format ‘Piedi X Terra’ di DAZN, presso la sala stampa del Mapei Football Center: ed è proprio lì che giocano le partite e si allenano quotidianamente molte squadre giovanili neroverdi. Una fortuna, questa, che molte generazioni passate da Sassuolo non hanno avuto.
“Quando sono arrivato a Sassuolo c’erano tre squadre: era il 2005, la società era in C2 ed era già ad un buon livello se consideriamo il panorama professionistico di Modena. Stiamo parlando di una realtà abbastanza piccola, ma che stava crescendo proprio in quegli anni con il doppio salto dalla C2 fino alla B. Gli Allievi Nazionali a Sassuolo giocavano già contro squadre del calibro di Fiorentina, Empoli e Bologna: al famoso Memorial Sassi ho avuto anche la fortuna di giocare contro lo United di Pogba o la Juve di Immobile, mi sono tolto delle belle soddisfazioni vedendo giocare dei calciatori forti. E’ vero che non ho mai avuto l’opportunità di allenarmi in dei campi come quelli del Mapei Football Center, ma è altrettanto vero che il Sassuolo non era ancora una società che faceva scouting in tutta Italia com’è invece adesso. Io ero di Modena, prendevo Gigetto (come viene soprannominato il treno Modena-Sassuolo, ndr) che dal centro mi portava a Sassuolo dopo scuola. Facevo allenamento quattro volte a settimana più la partita nel weekend, un impegno a tutto tondo ma in un settore giovanile che poteva contare 4/5 ragazzi da Modena e un altro paio da Reggio Emilia o Bologna: stiamo parlando di un vivaio abbastanza locale. Allo stesso tempo, ci sono delle volte in cui dico che se avessi avuto le strutture giuste, un po’ più di coincidenze, o se avessi pensato solo a quello nella vita, magari avrei potuto fare il calciatore professionista, non in Serie A, ma alla Serie C non nego che ci pensavo. Mentre nelle giovanili del Sassuolo facevo la mezzala, nei Dilettanti sono diventato prima un terzino e poi una punta centrale: segnavo tanti di quei gol che ero diventato un attaccante da 25/30 gol in Prima o Seconda Categoria. E quindi capitava di pensare a cosa sarei diventato se mi avessero messo centravanti già a Sassuolo: la vita dell’attaccante è particolare, 2/3 gol possono cambiarti la prospettiva. Purtroppo con i se e con i ma non si va da nessuna parte ed è andata così“.

Turci: “A Sassuolo si vuole sempre alzare l’asticella”
Seppur con l’occhio di un adolescente, Tommaso Turci ha visto nascere da dentro il miracolo da dentro. Che poi, tanto miracolo non è: meglio definirlo come un gioiellino di programmazione e lungimiranza. Con Turci abbiamo parlato anche dell’ascesa del Sassuolo dai dilettanti alla Serie A:
“Ho vissuto la proprietà quando stava iniziando a pensare alle cose in grande nel mondo del calcio. Sicuramente il Presidente Squinzi ed il Vicepresidente Sassi sono stati due grandi artefici: purtroppo sono entrambi venuti a mancare, sono stati fondamentali anche per il mio percorso, due signori straordinari. Si percepiva che c’era la volontà di crescere sempre di più, di sognare insieme a tutta la città di Sassuolo: onestamente non pensavo che il Sassuolo sarebbe arrivato a giocare per dieci anni di fila in Serie A, o a insediarsi come punto di riferimento per i giovani, sia calciatori che allenatori. Ad ogni promozione a cui ho assistito, però, vedevo il Sassuolo come una società che voleva sempre alzare l’asticella, che non si accontentava mai”. Mai smettere di pedalare, diceva il Dottor Squinzi. “Questo boom è stato possibile non solo grazie alla Mapei, ma anche grazie a persone che sanno lavorare nel calcio e che fanno prevalere l’aspetto umano. Una persona che saluto sempre con piacere è Remo Morini, che era già ai tempi un punto fermo della prima squadra del Sassuolo, lo si incontrava spesso quando ci allenavamo all’antistadio del Ricci: una persona molto affabile e che si faceva volere bene, così come i magazzinieri che tuttora sono lì. Mi riallaccio a ciò che ha detto Frattesi pochi giorni fa a Piedi X Terra: l’ambiente di Sassuolo è come una famiglia. Tutti quanti si vogliono bene ancor prima di essere colleghi e questo a lungo andare può fare la differenza”.
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Con Turci abbiamo parlato anche del più grosso margine di miglioramento della società, almeno fuori dal rettangolo verde: parliamo della situazione del tifo e dello stadio, che ha sollevato più di qualche interrogativo nel corso degli anni.
“Il più grosso limite del Sassuolo è la mancanza dell’asset principale, ovvero il pubblico: avere 5mila spettatori non è come averne 30mila. Questa situazione a lungo andare può dar fastidio alla società, o può far sì che si raggiungano risultati con più difficoltà. Non so quanto ci metterà il Sassuolo a sviluppare il suo zoccolo duro di pubblico, è una società molto giovane in Serie A che sta vedendo nascere adesso i suoi tifosi. Non sarà facile perché il club è insidiato da Reggio e Modena, dove chi nasce tende a tifare Reggiana e Modena, rispettivamente. Credo però che la società stia lavorando bene per portare dalla propria parte le nuove generazioni: ma, se dobbiamo andare a cercare il pelo nell’uovo nel Sassuolo, può essere proprio il discorso del pubblico. È difficile riempire il Mapei anche per una partita di cartello. Credo che lo stadio nel Distretto di Sassuolo sia un’ipotesi utopica e distante anche dalle idee della società. Se, tra 20/30 anni, il Sassuolo si sarà insediato con ancor più forza in Serie A, potrà avere un bacino diverso, ma parliamo del medio-lungo periodo. La Reggiana o il Modena fanno 10mila spettatori in Serie C: è difficile insediarsi nel territorio, ma credo che sarà uno stimolo per la società, nonché la sfida più complicata, ancor più che scegliere i giocatori giusti”.
Ringraziamo Tommaso Turci per la disponibilità dimostrata nel corso dell’intervista.