Dalla scorsa estate, Giuseppe Aurelio non ha più alcun vincolo contrattuale con il Sassuolo, squadra che lo ha formato dai Giovanissimi Nazionali Under 15 fino alla prima squadra. L’esterno romano classe 2000 ha firmato a titolo definitivo con il Pontedera, squadra dove ha ritrovato l’attitudine al gol con ben 5 centri tra Serie C e Coppa Italia. Aurelio ha rilasciato un’intervista a LaCasadiC per parlare dei suoi trascorsi in maglia neroverde:
Tra Roma e Lazio, la scelta è ricaduta sul Sassuolo: “Ho scelto Sassuolo per crescere in maniera diversa, a 400 chilometri di distanza dalla famiglia, seppur sia stato difficile allontanarsi dagli affetti. Avere l’appoggio dei genitori mi ha aiutato. E mi ha aiutato anche il nostro tutor, soprattutto nei primi e complicati mesi a Sassuolo”.
Sul cambio di ruolo, da attaccante a terzino: “Il ds Angelozzi e Palmieri hanno pensato fosse meglio per me giocare da terzino viste le mie capacità di corsa. Non è stato facile, soprattutto perché in quel ruolo avevo giocato soltanto due volte ma, vedendo dove sono ora, sicuramente può aver agevolato la mia carriera. In questo, mister Neri mi è stato addosso tantissimo. Diagonali, marcature e inserimenti su tutto. Stavo sempre con lui per imparare”.

Sulla prima squadra: “La prima volta avevo paura. Avevo 17 anni ed ero con Iachini. Ho trovato un gruppo fantastico con cui ho avuto modo di legare. Berardi, Defrel, Magnanelli, Peluso: tutti mi hanno aiutato, passavo tanto tempo con loro. Peluso mi ha dato tanti consigli sul ruolo: in particolare, mi diceva di stare collegato sulla partita per più di 90 minuti. Obiang invece ha usato sempre bastone e carota: mi dava dritte per il dopo allenamento, sull’importanza del riposo e del mangiare bene. La prima convocazione in Serie A? Mi stavo allenando e mi dissero ‘devi andare con la prima squadra’, sono rimasto senza parole. Non ci credevo. Ho chiamato tutta la mia famiglia, mi è tornato in mente tutto il percorso fatto per arrivare fin lì”.
Su De Zerbi: “Mi sono innamorato di lui. Restavo a guardare i suoi allenamenti anche se non ero con la prima squadra. Un piacere vedere ciò che proponeva ai ragazzi. Ha un modo pazzesco di vedere il calcio. Io non sono mai andato a chiedergli nulla perché avevo timore“.
Sulle esperienze in Serie C: “A Cesena mi sono trovato bene con la squadra e soprattutto con la piazza, una delle migliori in assoluto. Potevo forse giocare di più, ma cercavo di rubare dai più esperti i segreti del mestiere. Con l’Imolese le ho giocate quasi tutte e abbiamo raggiunto una salvezza incredibile. Il primo anno mi ha aiutato a crescere tanto sotto tutti i punti di vista. A Gubbio mi sono trovato bene, giocavo poi l’infortunio alla spalla. Sono stato fuori da febbraio per tutta la stagione e mi sono dispiaciuti i fischi ricevuti quando li abbiamo incontrati la scorsa giornata”.
Sul ritorno a Sassuolo: “Lì mi sono stati vicini Berardi e Defrel. Mi sono sentito come a casa. A Sassuolo ho conosciuto Luca Moro, era venuto con noi ad allenarsi dopo il fallimento del Catania. Ci siamo presi in giro scherzosamente fin da subito. Tutti i miei amici mi chiamano bomber e i commenti sono tutti degli sfottò. Lo sento ancora e sono felice che stia facendo bene a Frosinone. La prossima esultanza? Alla Ciccio Caputo, dove simulo di bere la birra”.
Sugli idoli: “Da quando ho iniziato a fare il terzino mi sono sempre ispirato a Theo Hernandez. E’ il più forte di tutti per quello che fa. Poi mi è sempre piaciuto Nainggolan: oltre al fatto di aver giocato alla Roma, ha sempre dato tutto in campo e non si è mai preoccupato troppo delle voci esterne. La sua maglia me l’ha data Defrel dopo una partita contro il Cagliari”.