Kristian Thorstvedt è uno dei volti nuovi in casa Sassuolo. Arrivato dal Genk, il centrocampista norvegese si sta calando nella realtà neroverde nel corso del ritiro di Vipiteno mettendosi in mostra con delle grandi giocate. Thorstvedt ha rilasciato un’intervista alla Gazzetta dello Sport dove ha parlato della nuova avventura in maglia neroverde partendo dal proprio cognome, che in Norvegia è associato a quello del padre Erik, considerato il migliore portiere della storia norvegese.
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Kristian, quanto le ha pesato il suo cognome?
“Zero. Sa quante volte mi hanno detto ‘Facile, tanto sei figlio di Erik…’? Mille. Ma mi ha creato solo fierezza e stimoli. Mio padre in una parola? Ispirazione”.
Qual è la parola italiana che le piace di più?
“‘Bravo’: ha un bel significato”.
Lei, interno, è un altro prodotto di una scuola norvegese che vive un “Magic Moment”. Ecco: perché solamente ora?
“Forse perché gli scout delle varie squadra si sono finalmente spinti oltre. O magari perché siamo stati noi a crescere meglio imponendo maggiore attenzione. Se ci pensa il passato è pieno di giocatori norvegesi bravi: penso a mio papà a Solskjaer, Flo, tanti. In Italia adesso conoscete Thorsby, bravissimo, così come sono bravi Emil Bohinen con cui ho giocato da quando eravamo molto piccoli, Botheim che era mio compagno al ‘college’, e poi forse arriverà Strand Larsen. Tutti di valore…”.
Non è che succede tutto grazie al boom di Haland?
“La sua forza aiuta, certo. Qual è la nostra forza? Sappiamo lottare come fate voi in Italia, non ci accontentiamo mai e vogliamo sempre di più con costanza”.
Lei cosa vorrebbe?
“Vincere col Sassuolo. E’ la squadra che mi ha voluto fortemente: c’è un gruppo sano”.
Si descriva.
“Sono un centrocampista mancino, che corre tanto, rapido e che ama guardare la porta. Ma so che devo migliorare in una cosa: nel difendere”.

I suoi modelli di riferimento?
“Frank Lampard al primo posto. Ammiro anche la tipologia di calciatore fra centrocampo e attacco che sa essere Thomas Muller. Mi piace fare gol: credo sia una delle mie migliori caratteristiche. Ora Dionisi mi chiede di aggredire la palla, giocare veloce e in maniera semplice”.
Il grande insegnamento che le ha dato suo padre?
“Questo: dai sempre il cento per cento affinché nessuno possa rimproverarti”.
Ha sempre giocato a calcio?
“Sempre. Ultimamente mi sono innamorato del golf: sport preciso e calmo, perché fuori dal campo lo sono, dentro no”.
Oltre al calcio cosa c’è?
“Gli amici. La playstation ogni tanto. E letture: per approfondire conoscenze ma anche libri che trattano aspetti di psicologia e di relazioni sociali. Come andavo a scuola? Mi piacevano molto matematica e storia. Al college ho apprezzato lezioni di economia. Che tipo ero da piccolino? Abbastanza agitato: a scuola mi divertivo a tagliare il cavo di tutti i mouse dei computer”.
Il suo sogno calcistico?
“Vincere una grande manifestazione con la Norvegia. E arrivare, un giorno, in Premier League”.
Come descriverebbe con un solo vocabolo la Serie A che conoscerà?
“Passione”.