Tutt’altro che una partita già scritta: questo è stato Juventus-Sassuolo, checché se ne dica. I bianconeri di Allegri, reduci da una serie impressionante di risultati utili in campionato, hanno dimostrato per gran parte del match di non avere affatto la testa all’incontro di Champions contro il Bayern Monaco in programma mercoledì all’Allianz Arena. Il Sassuolo ha invece interrotto la successione positiva che durava da cinque turni.
La coppia d’attacco Dybala-Mandzukic ha stupito, dal momento che si poteva dare per maggiormente probabile il vedere schierati dal primo minuto Morata e Zaza. L’unica “prudenza” di Allegri è stata quella di giocarsi la carta Pogba solo a partita in corso. Ma a prescindere dalla formazione, nei primi minuti delle due frazioni di gioco i bianconeri sono apparsi indemoniati mettendo in serio affanno la retroguardia neroverde: i migliori in campo per i campioni d’Italia sono stati Marchisio e il citato Mandzukic, autore di una grande mole di lavoro a supporto dei compagni anche in fase di copertura.
E il Sassuolo? Il Sassuolo ha detto la sua con due occasioni da rete per tempo e costringendo i bianconeri, qualitativamente più forti, a rintanarsi in difesa soprattutto nel finale. L’entrata di un difensore aggiuntivo (Lichtsteiner) negli ultimi minuti di gara ha rappresentato la cartina di tornasole del timore juventino di subìre il pareggio.
Si è molto parlato delle assenze ed è anche in ragione di queste che grande deve essere la soddisfazione per la prestazione della squadra: tuttavia, se tra le varie pedine non a disposizione di Di Francesco dovessimo dire quale è stata quella che maggiormente è “pesata” non avremmo dubbi: Simone Missiroli. Ancora una volta l’assenza del Missile ha reso difficile il compito dei centrocampisti, specie di Magnanelli, costretto agli straordinari. Un po’ più di qualità in mezzo al campo avrebbe fatto certamente bene alla fluidità della manovra, ma chi è sceso in campo merita comunque un plauso. Da qui alla fine della stagione le soddisfazioni possono essere ancora molte.
di Massimiliano Todeschi