Hamed Junior Traorè è uno dei giocatori più in forma del Sassuolo di Alessio Dionisi: dopo un inizio stagione sotto ai suoi livelli, l’ivoriano sta alzando il tono delle prestazioni ed è andato in gol sia contro la Juve che contro la Roma. La Gazzetta dello Sport ha deciso di intervistarlo: ecco le sue dichiarazioni.
Sulle origini: “Il primo sogno l’ho realizzato: sono diventato un calciatore. avevo solo questo in testa quando partii dalla Costa d’Avorio. E il secondo sogno… Tra poco spengo le candeline su questa bella torta (il compleanno era ieri, ndr) e ripenso ai compleanni passati. In Costa d’Avorio non c’era l’usanza dei regali: ci si faceva gli auguri e basta. Nel 2015, in Italia, ho ricevuto i primi regali. Ma il più bel compleanno deve ancora arrivare, sarà quello che passerò quando potrà raggiungermi la mia famiglia: papà, mamma, mio fratello e le mie due sorelle. Sto preparando tutti i documenti. Il mio più grande sogno non è giocare la Champions League – anche se spero di riuscirci, ovviamente – ma riunire la famiglia“.
Sei il giocatore con più presenze, 117, tra i giocatori nati dopo il 1° gennaio 2000. C’è una partita che ricorda più di altre?: “L’ultima con l’Empoli nel 2019, a San Siro contro l’Inter. Dentro quella gara c’era tutto: la speranza di salvarci, la retrocessione a causa di due pali, il mio gol dell’illusione, la chiusura della bellissima esperienza di Empoli, che è la squadra del mio cuore. Questa statistica mi rende felice, mi ripaga di tanti sacrifici, ma so che il difficile viene adesso: arrivare in alto è meno complicato che restarci”.
Sulla continuità: “Sto migliorando, ma devo dare continuità perché è un problema che a volte si ripresenta. È una questione fisica, mentale e caratteriale”.
Sul ruolo di mezzala: “Ad Empoli ho fatto il mio percorso iniziale, nel settore giovanile e in prima squadra. Andreazzoli, che io chiamavo nonno, è una persona speciale. Quando ho firmato per il Sassuolo l’ho ringraziato per quello che aveva fatto per me e lui ha risposto: “Non devi ringraziare me, ma tua mamma”. È un maestro”.
Sul ruolo di trequartista: “De Zerbi mi ha avanzato per esigenze tattiche, ma non c’è problema. Il mio ruolo è il campo: dovunque mi mettono, mi rendo utile. Sono abbastanza istintivo in tutte le giocate: rispetto i compiti, ma poi do la mia interpretazione”.
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Sui tecnici avuti: “Sono stato fortunato a essere guidato da tre tecnici con una mentalità offensiva come Andreazzoli, De Zerbi e Dionisi. Andreazzoli mi ha dato fiducia: ero un ragazzino e mi fece giocare. De Zerbi mi ha spinto ad avere consapevolezza e convinzione. Dionisi mi insegna a non pretendere, ma ad andare a cercare le cose: mi ha fatto capire che serve la volontà per ottenere ciò che si vuole“.
Sullo screzio di Dionisi dopo la sostituzione in Coppa Italia: “Ci ho messo due minuti a pentirmi. Eravamo ancora in campo quando gli ho chiesto scusa. Poi dopo cena ci siamo ritrovati nella camera dell’hotel e abbiamo parlato. Il giorno dopo mi sono scusato anche davanti ai compagni. L’adrenalina ha fatto brutti scherzi. Anche i “vecchi” della squadra mi hanno parlato, ma qui l’atmosfera è speciale: non ti vogliono rimproverare, ma farti capire. E io lo so che quelle cose non si fanno”.
Cura un po’ di più i dettagli o continua ad arrivare all’allenamento con un solo minuto di anticipo?: “Adesso arrivo qualche minuto prima (ride, ndr). Però sì, i dettagli li curo di più. Quando sei giovane, ascolti i consigli, dici “sì, va bene”, ma fai di testa tua. Poi cresci, capisci e ti adegui”.
Sulla partenza da Sassuolo: “Non è il momento per spiccare il volo. Sto facendo bene, ma controllerò più avanti se sono spuntate le ali. Qui c’è tutto e anche se in questa stagione i risultati sono alterni, il Sassuolo ha un progetto ambizioso e il suo stile. La squadra è molto giovane, ci vuole pazienza”.
Sulll’eliminazione dalla corsa al Mondiale?: “Tanto. Da piccolo guardavo la generazione di Drogba e sognavo di giocare il Mondiale. La sconfitta con il Camerun, che ci ha estromesso dalla corsa al Qatar, è finora la delusione più grande della mia carriera. Anche la recente Coppa d’Africa non è andata bene. Resta il fatto che c’è ancora troppa differenza tra le nazionali africane e le più forti europee e sudamericane“.
Che consiglio darebbe a un ragazzo che vuole seguire le sue orme, dalla Costa d’Avorio all’Italia, per giocare a pallone?: “Di non smettere di sognare, ma fare di tutto per trasformare il sogno in realtà. Ci vogliono lavoro, sacrificio, fortuna, pazienza. In Africa abbiamo il calcio nel sangue: il mio migliore amico ha affrontato il viaggio su un barcone per arrivare in Europa e fare il calciatore. L’ho saputo solo quando è arrivato in Spagna. In mare ha rischiato di morire più volte. Gli ho chiesto: “Ma lo sai che la vita è una sola?”. Mi ha risposto: “Sì, ma io ho un sogno e voglio realizzarlo”. Noi ragioniamo così. Adesso gioca nella terza serie francese ed è contento. I politici che vogliono chiudere le frontiere non hanno la percezione che a decidere di partire sono le persone che non vedono altre strade. E se non hai i mezzi, sali sul barcone senza pensare al pericolo. Il pericolo non esiste, esiste solamente il tentativo di cambiare la tua vita”.