Radiolina nella mano e tutti a casa per le 18, che inizia 90° minuto. Chi non è giovanissimo sicuramente si potrà riconoscere in questa domenica. Per gli appassionati di calcio, una domenica tipica fino a qualche anno fa, quando i diritti televisivi hanno iniziato a dettare legge nel mondo del pallone. Le giornate-spezzatino sono ormai diventate la norma: e pensare che negli anni ’90 ci si limitava a dover attendere la domenica sera per poter seguire l’unico posticipo della giornata ed avere quindi un quadro completo dell’aggiornamento della classifica. Come sappiamo non è più così, ma il sabato santo ha portato una parziale benedizione in questo senso: tutte le partite della serie A sono state giocate lo stesso giorno. Ha aperto Roma-Napoli alle 12.30 e la rassegna degli incontri è stata chiusa da Juventus-Empoli, in serata. Quasi un miraggio per chi ricorda con nostalgia i tempi in cui tutti i tifosi palpitavano contemporaneamente (o quasi) seguendo in modo febbrile le gesta della propria squadra.
foto: fondazionetares.it
Come sappiamo sono in previsione grandi manovre per la serie A del futuro. Il presidente Tavecchio ha più volte affermato di puntare, nel medio termine, alla riduzione da 20 a 18 delle compagini partecipanti al massimo campionato. Non è naturalmente questa la sede per mettere in discussione queste ipotesi, che punterebbero, almeno nelle intenzioni dei dirigenti della Lega, all’innalzamento qualitativo del calcio italiano: tuttavia, è proprio in giornate come quelle di sabato che forse, ad alcuni tifosi, verrebbero in mente ben altre rivoluzioni. È forse eccessivamente “all’antica” pensare ad un ritorno al passato e, appunto, allo svolgimento simultaneo di tutti, o quasi, gli incontri? Per un attimo, sabato pomeriggio molti hanno avuto un dejà-vu che può aver strappato più di un sorriso: ben 7 partite giocate in contemporanea alle ore 15, quasi un miracolo. Il nostro eccessivo romanticismo verrà legittimamente messo a tacere dai seguaci della razionalità: il calcio è ormai un business, le televisioni, i soldi, il mercato…tutto vero, tutto giusto (forse), tutto probabilmente inevitabile. Ma sognare un ritorno alle origini, quelle stesse origini in cui la qualità del pallone tricolore era decisamente superiore e riconosciuta a livello mondiale, non costa nulla.
di Massimiliano Todeschi