articolo di Giovanni Pio Marenna
Che domenica pazzesca su tutti i fronti! Perché, mica lo scontro diretto, prima della pausa, era solo uno? Quel Milan-Napoli che, al momento, consacra entrambe (non ce ne vogliano le altre, specie quelle che stanno sorprendendo) senza dubbio come le due squadre migliori a giocare in velocità, a meravigliare per estro, ad entusiasmare con giocate e lampi e a creare di più. Trionfa il Napoli e brucia tutte le squadre battute di giornata, ma il Milan certamente non ha affatto demeritato, trovando in Meret, in una traversa secca e nel monumentale Kim degli ostacoli molto più impossibili da superare rispetto all’intero contesto. Match winner Simeone, ben imbeccato da un Mario Rui in stato di grazia, forse nell’unico errore di Tomori che ha lasciato troppo spazio a El Cholito di andare a saltare.
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Nel ricco menù avevamo anche Udinese-Inter e Roma-Atalanta. Fisica come l’Ercole e astuta come l’Ulisse della mitologia passata, prestante come un giocatore di tennis dell’era moderna, fastidiosa come le zanzarelle di fine estate. L’Udinese è una macchina da guerra fine, metodica e devastante, che dà molte seccature a chi prova a fare la partita. Ne hanno pagato le spese i nerazzurri, caduti sotto i colpi di una corazzata che non ha mai mollato fino alla fine, trovando il doppio vantaggio negli ultimi 9 minuti. Ad Inzaghinho sono imputate delle responsabilità, soprattutto nella doppia sostituzione sulla stessa fascia dopo appena 28 minuti per le due ammonizioni rimediate da Darmian e Bastoni. Ma, chiaramente, non può essere imputato tanto a questo il tracollo del finale con le reti di Bijol e Arslan. La tenuta di difesa ed esterni non ha retto l’impatto con il metodo Sottil e sono andati a sbattere contro un muro che li ha disintegrati. Inter da rivedere.
Di diversa natura la sconfitta della Roma, che ritrova Zaniolo ma perde Dybala. L’Atalanta, fin dal battesimo della prima gara, aveva un altro volto rispetto agli ultimi anni. Ed anche contro i giallorossi è stato così. Non bella da guardare, ma bellissima nel vedersi catapultata a braccetto col Napoli al primo posto (le uniche 2 fin qui non sconfitte). Combatte, soffre molto, reagisce, subisce tantissimo (la Roma ha avuto quasi il 60% del possesso di palla, una precisione nei passaggi che superava l’80% e 21 occasioni) e difende quel vantaggio del giovane Scalvini. Soprattutto nella ripresa la squadra di Mourinho mette alle corde i bergamaschi, ma l’aggressività giallorossa non scalfisce il nuovo equilibrio messo a punto da Gasp. Eppure Zaniolo c’ha dato che c’ha dato, Smalling è da applausi, Ibanez spingeva. Una delle partite più belle della Roma di quest’anno, contro un’Atalanta ben messa, che può recriminare soltanto per le opportunità non sfruttate da Abraham.
Non può recriminare niente Allegri invece. O forse può lamentarsi per tutto. Non ci sono alibi sul campo, questo è certo. Contro il Monza, ultimo in classifica, con un nuovo allenatore e con Di Maria che si fa cacciare a 4 minuti dalla fine del primo tempo, la Juventus pare cammini con il piombo nelle tasche. Un disastro che continua e rimedi che, evidentemente, per ora non vogliono essere presi. Ma fino a che punto il disastro non si tramuterà, poi, in catastrofe?