A due giorni dalla splendida vittoria di San Siro, l’allenatore del Sassuolo Alessio Dionisi ha rilasciato un’intervista a La Gazzetta dello Sport, dove è tornato a parlare della gara con l’Inter. Ma non solo: “Quando ho letto la formazione dell’Inter, poco prima dell’inizio, ho detto ai ragazzi di essere orgogliosi: “Ci sono tutti i migliori, vi rispettano, adesso dimostrate di meritare la loro considerazione’. Ci sono riusciti”.
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Berardi è il miglior giocatore italiano?
“Difficile fare paragoni tra ruoli. Nella mia formazione ideale della Serie A Mimmo c’è sicuramente. Quella del gol di San Siro è la sua giocata, ma, come accadeva a Robben, nessuno riesce a limitarlo perché Berardi è in
grado di fare qualunque cosa. Ha talmente tanto calcio dentro che potrei metterlo a centrocampo. La palla di esterno per Laurientè contro la Juve è pazzesca”.
Si emoziona ancora arrivando a San Siro?
“Sempre. Da bambino per me era l’apoteosi. Sognavo di entrarci, ma da giocatore: purtroppo non ero abbastanza bravo”.
Lei è tornato al 4-2-3-1 usato nel primo anno al Sassuolo. Quali sono le differenze?
“Quel Sassuolo aveva giocatori adatti al possesso e al palleggio e quindi cercavamo di sfruttare certe qualità verticalizzando quando si poteva. Adesso, invece, ci basiamo di più sulle transizioni perché abbiamo elementi di gamba e di minore qualità tecnica. Bisogna sempre adattarsi alle caratteristiche della rosa. Adesso ho calciatori che non amano il gioco corale e cerco di valorizzarli come posso. Se non ho gente che entra in area, devo studiare strade diverse da un possesso ragionato”.
Boloca e Henrique hanno retto benissimo il confronto con il centrocampo di Juve e Inter.
“Merito loro, che stanno crescendo molto, e degli esterni che li hanno aiutati in copertura. Lì non abbiamo molta fisicità, dobbiamo usare altre armi. Non dico che sono sorpreso, però non era semplice cambiare il modulo e i titolari del centrocampo e trovare un certo equilibrio in tempi brevi. Però nella fase difensiva abbiamo ancora ampi margini”.
Sappiamo che a Sassuolo sta bene. Ma si sente pronto per altri palcoscenici?
“Sono sempre più a mio agio in Serie A, credo di essere cresciuto rispetto a due anni e mezzo fa. Avevo preso il posto lasciato da un certo De Zerbi, non era un compito agevole, ma l’ho svolto con tutto me stesso. E sento ancora l’entusiasmo del primo giorno. Io amo il calcio e sono ambizioso. Non voglio fermarmi. Studio inglese per dialogare meglio con i nostri stranieri e mi emoziono nell’attesa delle partite. Non mi accontento mai, mi metto sempre in discussione e credo che nel medio o lungo periodo ognuno ottenga ciò che merita. Vedremo cosa meriterò e intanto mi godo la sfida di portare più su possibile il Sassuolo. Non è facile, ma è bello”.