Daniela Sabatino ha raggiunto l’incredibile traguardo di 500 reti in carriera: l’intramontabile attaccante, alla sua seconda avventura al Sassuolo, dice ancora la sua ad altissimi livelli. La Sabatino è stata intervistata da SassuoloChannel: queste le sue parole.
Sulle origini: “Vengo dal piccolo paesino di Castelguidone, dove ero l’unica femminuccia a giocare a calcio: i primi passi li ho mossi al Trivento, e anche lì ero l’unica femmina a giocare. Un allenatore mi disse che a Campobasso c’era una squadra femminile: ho fatto il provino e mi hanno presa. Devo ringraziare i miei genitori: mi sono sempre stati vicini in ogni mia decisione. Mio papà ha fatto tanti sacrifici: finiva di lavorare e mi portava a Campobasso, un’ora di macchina solo per gli allenamenti, poi veniva a vedere anche le partite di campionato. Hanno sempre creduto in me, in silenzio, e questa è stata una grande fortuna. Spero di avergli regalato tante gioie. Mia mamma mi diceva che volevo soltanto giocare a pallone: hanno provato a regalarmi bambole e tanti altri giochi ma volevo solo giocare a calcio. Quando entro in questo rettangolo verde non mi stanco mai. Da piccola sognavo di essere la calciatrice con il numero 9, arrivare a vincere i Mondiali, campionati, Champions League: avevo tanti sogni nel cassetto e qualche sogno l’ho realizzato”.
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Sul ruolo della centravanti: “Ho sempre ammirato gli attaccanti, sono tifosissima del Milan. All’epoca c’era il grande Van Basten: studiavo i suoi movimenti. Poi c’è stato Pippo Inzaghi e ho fatto altrettanto, anche se è un po’ irraggiungibile sotto questo aspetto. Da attaccante, penso prima di tutto ad aiutare la squadra e poi a finalizzare le occasioni: so che è difficile ma ti può permettere di vincere campionati, trofei. Si fa fatica a descrivere questa sensazione. Se penso prima di tirare, sbaglio: è successo tante volte. Devo essere istintiva: dopo l’impatto guardo la palla e spero che vada dentro“.
Sabatino sul record e sullo sviluppo del calcio femminile: “500 reti? A dire la verità, qualche anno fa era un mio obiettivo: ‘arrivo a 500 e poi smetto’, come Ibra. Però è più forte di me: ho ancora fame e voglia di dimostrare, mi diverto, sto bene con la squadra quindi spero che sia ancora lunga. Mi sarebbe piaciuto segnare al Mondiale: purtroppo non è stato così ma ci siamo tolte tante soddisfazioni. Il 2019 ce lo siamo vissuto in maniera splendida: era un gruppo veramente unito e sul campo lo abbiamo dimostrato facendo innamorare l’Italia intera. Purtroppo siamo uscite agli ottavi, ma da lì c’è stato tanto cambiamento. Quando giocavo ad Ascoli Piceno in Serie A, gli allenamenti erano la sera perché tante ragazze lavoravano e la sera potevano allenarsi. Tre allenamenti a settimana in un terreno che era più terra che campo da calcio. Non avevamo fisioterapisti, né la società presente; il dottore non c’era talvolta. Io ho sempre creduto alle conquiste che abbiamo fatto. Adesso ho 38 anni e ho poco da vivere in questo professionismo, ma me lo voglio vivere fino all’ultimo”.
“Devo tanto a Betty Vignotto e a Milena (Bertolini, ndr): quando stavo nella Reggiana mi hanno fatto capire cosa volesse dire essere atleta, indirizzandomi nella strada giusta. Devo ringraziarle perché se ho raggiunto un livello alto è per i loro insegnamenti”.